I Racconti del Presidente: Pietro

Trascorrevo interi pomeriggi al cinema e al bar e il mio passatempo preferito era quello di affibbiare soprannomi ai dipendenti. E così molti di essi, pazientemente, sopportavano nomignoli come “Sik sik”, “Kappa”, “Melluso”. Ma la pazienza non era una dote di Pietro, “abbattente” nel bar, che considerata la mole e il volume del suo lato “B” solevo chiamare “Paccone”.

Il povero Pietro mi lanciava spesso sguardi di fuoco. Una mattina d’estate del 1965, ero al bar con un amico e al solito apostrofai Pietro con il solito nomignolo. Fu un attimo, mi riversò una tazza di caffè bollente sulla maglietta bianca. Sconcerto dei dipendenti, che paventavano sanzioni sul malcapitato Pietro.

Dopo un attimo di meraviglia, scoppiai in una risata irrefrenabile. A mio padre che mi chiese spiegazioni, dissi che sbadato come al solito mi ero versato il caffè. E tutto finì, ovviamente mi guardai bene di apostrofare Pietro e gli altri con i nomignoli.

* * *

Qualche mese dopo, mio padre se né andò e a venti anni la mia vita  cambiò. Trattavo tutti i dipendenti come un buon padre di famiglia. Ai primi del 1966, una mattina, si presentò in direzione Pietro. Lo accolsi sorridendo e lui. “Sig. Tonino, vi posso parlare”. Certo “annuii sorridendo”, e lui “Vi posso chiedere perché non mi chiamate più “Paccone”, ne sento la nostalgia!! Mi alzai, lo abbracciai e dandogli uno schiaffetto sulla guancia gli dissi “Paccone non c’è più, appartiene al passato. Ora c’è Pietro. E ancora ti chiedo scusa. Andò via in lacrime.

Antonio Lanzaro

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