Direttamente alla dipendenze di Lentulo vi era un altro giovane della colonia di Neapolis, Lucio Marcello, che nutriva una vera venerazione per Lentulo, cosicché quando Varo decise di dare inizio alla romanizzazione dei territori germanici, Lentulo e il fedele Marcello lo seguirono. Varo era a capo di tre legioni la XVII la XVIII e la XIX, quindi oltre quindicimila uomini. Le tre legioni furono massacrate nella foresta di Teutoburgo. Quasi quindicimila soldati morirono in quell’infausta giornata del 9 d.C., quando i germanici capeggiati da Arminio le attirò in una imboscata scrupolosamente capeggiata proprio dall’ex alleato di Roma.
Nella notte del 9 d.C. si salvarono in pochi, tra questi i due legionari di Neapolis. Proprio Lucio Marcello, incolume si caricò sulle spalle l’amico Lentulo per sottrarlo ai germanici di Arminio che il giorno seguente finivano i moribondi con un colpo alla gola. I due legionari con pochi altri rientrarono a Roma dove, nonostante la sconfitta, furono accolti da eroi. Potevano ritirarsi nella loro Neapolis ma si arruolarono nuovamente e furono inquadrati nella legione XIII “Gemina”.
Da buoni “neapolitani” orgogliosi e coraggiosi cercavano la vendetta per i compagni massacrati. La trovarono a Idistaviso, sotto la guida di Germanico nipote di Tiberio. La sconfitta per Arminio fu schiacciante i due “neapolitani” si batterono come leoni, facendo stragi di nemici e Lucio Marcello recuperò l’aquila della XIX legione in mano ai germanici. Durante i festeggiamernti Germanico volle al suo fianco il centurione Marco Lentulo e l’”aquilifero” Lucio Marcello “neapolitani doc” che finalmente poterono rientrare nella loro bella Neapolis e raccontare le proprie gesta.
Antonio Lanzaro