(n.d.r. segue da 6.2.2021)
Successivamente andammo ad abitare all’inizio di Via Manzoni in quella bellissima, antica, ed ancora oggi nota anche per il suo teatro, “Villa Patrizi”.
Eravamo alla fine del 1928. Che dire? Villa Patrizi è stata un po’ la nostra vita perché in essa hanno avuto origine e si sono realizzate le varie esperienze della famiglia. Era una casa bellissima che occupava tutto l’ultimo piano: sette camere, due terrazze, due suppegni ed un “belvedere” dal quale l’occhio spaziava tutto intorno ammirando la città nella sua totale bellezza. Aveva anche tre gabinetti, era dichiarata monumento nazionale ma…. non c’era l’acqua e neppure una vasca da bagno! In compenso però c’era quel lungo Viale dei Cipressi ricco di una folta vegetazione alternata ad ampi fossati pieni di rovi. Come ho detto, l’acqua non arrivava in casa; ma proprio di fronte alla villa c’era la “famosa fontana con la ruota” e papà fece installare, in quella immensa cucina, dei grandi serbatoi di zinco che venivano riempiti continuamente da due persone del posto per cui non risentimmo mai di questa mancanza.
Nel 1930 ci fu il terremoto ed io ho davanti agli occhi, come una fotografia, papà che cercava di raggiungere la nostra camera da letto tentando disperatamente di indossare un pantalone che però non riusciva a mettere poiché sbandava. E ricordo anche quei bicchieri a calice color paglino che ritrovammo tutti capovolti nella cristalliera, su in camera da pranzo, senza che se ne fosse rotto uno!
Gli anni seguenti furono molto belli, ricchi e pieni di avvenimenti: conducevamo un tenore di vita più che agiato ed il ricordo di Capri (quando era ancora in vita il “Vecchio Spadaro”, una figura caratteristica del luogo), di Sorrento, delle serate a Teatro e di tutte le feste in famiglia, è ancora tanto vivo e profondo. Uno dei teatri che rammento bene è il “Nuovo” dove Raffaele Viviani (“E’ piscature” e il famoso “Guappo di cartone”), Ermete Zacconi e la sua “Morte civile”, Totò con le sfarzose “riviste”, hanno allietato più di una nostra serata. Durante l’estate poi per due lunghi mesi a Lucrino, circondati sempre dalla solita compagnia dei tanti amici: era una vera gioia per tutti noi.
Le domeniche erano veramente dei giorni di festa e nelle sere d’estate le cene ed i pranzi erano famosi per la bontà e per l’allegria che li accompagnava. I peperoni imbottiti che preparava mia madre sono rimasti storici! Spesso queste cene si facevano fuori alla terrazza (piena di bellissime, enormi e coloratissime dalie) dalla quale si godeva un panorama stupendo: di fronte il Vesuvio (allora attivo e fumante), il golfo, Castel dell’Ovo, Via Caracciolo, la Villa Comunale con a lato il “galoppatoio”. Si godeva dal vero la vista della famosa “cartulina ‘e Napule” mentre i lampioni a gas di Via Caracciolo venivano accesi uno per volta!
Nel frattempo erano state costruite Via Michelangelo da Caravaggio, Via Orazio e Via Petrarca, la quarta funicolare. C’era il famoso “Giardino degli aranci” e c’era l’Istituto di S. Dorotea dove feci le elementari e la Prima Comunione.
Nel 1935 lasciammo Villa Patrizi e andammo a Villa Marino, in una stradina poco distante dove c’era allora una piccola stazione dell’EIAR circondata da quei meravigliosi fiori detti della “Passione di Cristo”, di cui mi è rimasto un vivo e profondo ricordo. In quel periodo si cantava “Un’ora sola ti vorrei”.(continua).
Ginevra Bonetti