Avevo deciso di far visita ad un parente ricoverato nella Clinica Montevergine a Mercogliano, ridente paesino sopra Avellino, dove avevo trascorso tanti anni di vacanze spensierate. Mi avviai con la mia auto noncurante del tempo che minaccioso mi veniva incontro, sull’autostrada Napoli – Bari. Tra Nola e Baiano un nubifragio con trombe d’aria, fulmini e tuoni, mi investì costringendomi alla sosta sotto un cavalcavia. Ero francamente impaurito!! Detti uno sguardo all’orologio: erano le 11,30 del 12 agosto 2020.
All’improvviso un fulmine colpì la mia auto, un bagliore insostenibile mi accecò… d’istinto uscii dall’auto ma mi sentii come sollevato… poi l’oscurità!
Mi ritrovai seduto su una panchina di Viale S. Modestino che mi era senz’altro familiare. Poche auto, pochi passanti. Ad uno di essi chiesi della Clinica Montevergine. Mi guardò inebetito, poi sbottò “Amico qui non c’è nessuna Clinica, in fondo al viale, vicino alla Chiesa c’è un albergo in costruzione, qui non c’è altro”. Mi avviai e in pochi minuti raggiunsi il piazzale antistante la Chiesa. Effettivamente l’albergo era in costruzione.
Entrai e mi rivolsi al portiere. Erano appena le otto del mattino, ero frastornato e avevo bisogno di dormire.
Sottovoce chiesi la disponibilità di una camera. Il portiere abbassò la testa su un registro. Alle sue spalle c’era un calendario… La data era 12 agosto 1960. “Si c’è… camera 6 primo piano. Signore mi ha sentito?”. Ero ammutolito, come un velo sugli occhi. Non capivo… Forse stavo sognando, forse era uno scherzo… riavutomi, annuii!! “Grazie, dissi” e presi la chiave della camera. Questa era al primo piano e affacciava sull’ingresso e quindi sul piazzale.
Un rapido sguardo e mi buttai sul letto sfinito.
Al mio risveglio, erano le undici del mattino al mio orologio Citizen. Nel piazzale erano parcheggiate poche auto, una Topolino e una Lancia Ardea, una Fiat Belvedere e una Fiat 1100 blu, targata NA 87842, quest’ultima mi era familiare. Non so perché .
Nel piazzale, alcuni ragazzi, quattordici, quindici anni giocavano a pallone. Sotto il pergolato ad un tavolo quattro persone, tra di essi un sacerdote, giocavano a carte, ad un altro tavolo alcune donne chiacchieravano. Ero sempre più confuso, mi ributtai sul letto e finalmente realizzai… ero partito da Napoli in pieno 2020… Tale era la data sul mio orologio. Ricordo il nubifragio e la tromba d’aria con il lampo accecante… ed ora mi trovavo sessant’anni indietro nel tempo. Chiusi gli occhi, sperando che fosse un incubo. Mi risvegliai alle 22 della sera. Tornai dal portiere e gli chiesi di poter cenare. Mi rispose che la cucina era chiusa, ma mi avrebbe fatto preparare un panino. Lo ringraziai e come uno zombie mi portai nel salone, dove i ragazzi del mattino, con alcune ragazze stavano ballando. Sul giradischi, “You are my destiny” di Paul Anka. Mi avvicinai allo stesso, vi erano molti dischi: “Forever” di Joe Damiano, “Venus” di Frankie Avalon, “Oh Carol” di Neil Sedaka, “Are you lonesome tonight” di Elvis Presley.
Il disco finì e alle mie spalle uno dei ragazzi… “Mi scusi” disse “devo mettere il Lato B”, mi guardò negli occhi ed io nei suoi corrugai lo sguardo, poi una voce dalla sala… “Tonino muoviti!” timidamente dissi, “Aspetta, faccio io”, “Grazie” mi disse e, mentre si allontanava, si girò verso di me due volte.
Il Lato B, era “Diana” di Paul Anka. Mi allontanai e in un angolo della sala, appartato piansi a lungo. Intorno alle 11,30 si spensero le luci, Tonino si avvicinò e sottovoce… “Signore ha lasciato la chiave della camera vicino al giradischi”. “Grazie” dissi e lui si allontanò pensieroso girandosi più volte.
Riavutomi, tornai in camera, mi sdraiai sul letto e dormii a lungo. Al mattino, appena sveglio, aprii il balcone e mi affacciai.
Sul piazzale non vi erano auto, tanto meno persone sedute ai tavoli, insomma non vi era anima viva.
Mi vestii in fretta, e rapidamente guadagnai le scale ed uscii all’aperto.
L’albergo sembrava abbandonato e, cosa strana, non vi erano più i platani. Mi incamminai per il viale e anche lì erano scomparsi, come se non vi fossero mai esistiti.
Continuai a salire ma non incontrai nessuno. Tutto era inquietante, le case, i fabbricati… sembrava un enorme set cinematografico, ovviamente finto. Finalmente due persone mi vennero incontro… un uomo e una donna. Erano vestiti uguali: pantaloni e giacca grigio chiaro. In testa uno strano copricapo che al centro portava una piccola antenna. “Buongiorno”, esordii “ma che succede qui” aggiunsi. “Nulla” rispose la donna, con una strana voce metallica, senza inflessioni. Lei si trova sul Pianeta Altair 5, ieri, sul Pianeta Terra gemello di questo, mentre era alla guida del suo veicolo è stato sorpreso da una tempesta magnetica e quindi coinvolto in un vortice spazio temporale. Per cui ieri, ha vissuto una realtà virtuale, basata sui ricordi della sua mente, e ha rivissuto negli anni ’60 del suo Pianeta” e continuò: “Ha rivisto se stesso adolescente, ha visto i suoi genitori. Ma nulla è reale. Tutto quello che vede è solo una proiezione della sua mente”.
Ero come paralizzato, non riuscivo a parlare.
I miei interlocutori con lo sguardo fisso verso il vuoto non facevano altro che accrescere la mia angoscia. Con un filo di voce, dissi “Ed ora che fine faccio?”. Ora tenteremo di farla ritornare sulla Terra, rispose la donna, ma in un periodo della sua vita che la sua mente riproporrà”. Mi sembrava di vivere in un incubo e invece era tutto vero. “Se pronto la preleveranno a momenti”, precisò la donna. Pochi istanti dopo arrivò uno strano mezzo con una coppia di persone uguali in tutto e per tutto a quella precedente. Mi invitarono a salire e in un istante arrivammo al cospetto di una strana cupola. Entrammo, erano ad attendermi altri individui, molti fotocopie di altri, alcuni diversi ma abbigliati con abiti di colore giallo e rosso. Uno di questi, con ampi gesti mi spinse su una sedia. Fui avvolto in una nuvola celeste… Improvvisamente mi addormentai…
Lo sportello della mia auto era aperto ed io ero seduto su una pietra miliare, si fermò un auto dei carabinieri e mi chiese se era tutto a posto. “Sì” risposi, “grazie” e tornai nell’auto.
Dopo dieci minuti arrivai a Mercogliano e subito entrai nel parcheggio della Clinica Montevergine, il mio orologio segnava le 12,15 del 12 agosto 2020. Ero arrivato in perfetto orario per le visite, nonostante la pioggia. Sistemai l’abbigliamento e mi resi conto che nella tasca sinistra del pantalone c’era qualcosa, meccanicamente estrassi l’oggetto… Era una chiave di una camera d’albergo… n. 6, I piano…
(continua)
Antonio Lanzaro