Tre mesi era durato il corteggiamento di Giovanni Savastano, barista in un bar del Corso Garibaldi, al suo amico Raffaele Scandurra, titolare della pizzeria “Lello”, affinché assumesse il primogenito Pasqualino che, terminata la scuola media, aveva l’aspirazione di fare il pizzaiolo. E così prima come lavapiatti, poi ai tavoli, infine addetto al forno, alla fine Pasqualino vi era riuscito: pizzaiolo finito, quantunque giovanissimo. Margherite, marinare, ripieni, erano sue specialità e aiutava così il padre e i fratellini Tonino e Carmelina a sbarcare il lunario. Ma nel mese di luglio del 1960 ci fu la svolta della sua vita. Era un sabato, il locale pieno di avventori, tra questi una comitiva di sei persone con un italo-americano e la moglie. Chiesero al cameriere una pizza particolare.
Pasqualino non si perse d’animo. Preparò una marinara, la arricchì di olive nere, capperi ed acciughe. Il successo fu strepitoso. A fine serata, Alfred Piscopo, questo il nome dell’italo-americano chiaramente di origini napoletane, si avvicinò a Pasqualino e insieme a un “Bravo””Good Pizza”, gli dette una mancia di 20 dollari. Pasqualino respinse la mano con i dollari e timidamente sussurrò: “no grazie, è il mio lavoro”.
Don Piscopo lo guardò meravigliato. Un napoletano che rifiutava una mancia così lauta. Sorridendo, gli accarezzò il volto e andò via.
L’indomani mattina, Pasqualino era in pizzeria a preparare gli impasti per la sera. All’improvviso, davanti al bancone delle pizze, comparve Don Alfred Piscopo. ”Pasqualino” esordì “ho due ristoranti a Brooklyn, vorrei mettere anche pizzerie”. “Vieni con me negli States, affiderò tutto a te”.
Pasqualino era senza parole, con voce tremante, riuscì solo a dire “non so devo dirlo a mio padre”. Pensaci ribatté Don Alfred “Torno domani”. Dopo una notte insonne, i genitori di Pasqualino, si convinsero che gli Stati Uniti dovevano essere il futuro del figlio. “Và figlio mio e nun te scurdà e nuie”, disse la mamma abbracciandolo.
Il volo diretto New York – Napoli atterrò in perfetto orario, alle 17.30 del 26 luglio 1990. Ad attendere Don Pasquale Savastano, c’erano il fratello Tonino e la sorella Carmelina. Purtroppo il padre se ne era andato e la mamma era ricoverata in una casa di cura.
Don Pasquale in tutti quegli anni non aveva mai fatto mancare il suo sostegno economico. Aveva sposato la figlia di Don Alfred, ereditando i due ristoranti e aprendone altri a Boston, Filadelfia e Denver.
A tutti aveva dato il nome “La Marinara”. Era tornato a Napoli per la mamma e i fratelli. Nei due mesi successivi, acquistò un piccolo appartamento per la mamma e la sorella. Ma cosa più importante rilevò una Pizzeria in Via Tribunali e la intestò ai fratelli.
Il giorno dell’inaugurazione, clienti, parenti e vecchi amici di Pasqualino affollavano il locale. Don Pasquale era emozionato e frastornato. Improvvisamente si avvicinò al banco delle pizze, e rivolgendosi al giovane pizzaiolo “… guagliò” comme te chiamme”, “Peppino”, rispose il giovane. “Peppì, famme posto e damme ‘o mantesino”, incalzò Don Pasquale … Prima incerto, poi deciso, afferrò il panello di pasta, lo distese, lo infarinò e aggiunse pomodori, aglio, origano, olive nere, capperi, acciughe e infine l’olio. Guardò la pizza sorridendo e … “Peppì, n’furn”.
Il pubblico, cominciò ad applaudire. Don Pasquale, tolse il grembiule e tra sé mormorò “erano trent’anni che aspettavo stu’ mumento” e con il polsino della camicia si asciugò una lacrima.
Antonio Lanzaro
(Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale)