Fermo all’incrocio tra Via Macedonio Melloni e Via Abate Minichini guardavo compiaciuto la bicicletta che mio padre mi aveva regalato per la promozione in 3^ media. Era una Bianchi 26, verde metallizzato. All’improvviso, il mio sguardo si rivolse verso una bimba, che reggendosi al “Pianino” spinto dal padre cantava un famoso brano napoletano, la voce era calda, pulita ed intonata. Il “Pianino” si fermò quasi accanto a me, il padre della bimba chiedeva un obolo ai passanti.
Trovai il coraggio dei 12 anni e chiesi alla bimba: “Sei molto brava, come ti chiami?” con lo sguardo basso, con un filo di voce rispose “Rosetta”. Ed io continuai “Che classe fai! E lei sempre sottovoce “Non vado a scuola, aiuto mio padre” e tu? Aggiunse. Dopo un attimo di esitazione, risposi, mentendo spudoratamente, “anch’io” aiuto mio padre, tentando di coprire la fiammante bicicletta.
Rosetta, era molto bella, bruna con due splendidi occhi azzurri vestita dimessamente. Fu il padre che sorridendo interruppe il mio sguardo “Rosetta, andiamo”. Da allora, quasi ogni giorno aspettavo il passaggio del “pianino” per salutare Rosetta e ascoltare “Voce e notte”, “Na sera e maggio” o “Dicitincello vuie”.
Ma arrivò il 1° ottobre e la scuola ricominciò. Non vidi più Rosetta, ma spesso rivedevo i suoi occhi e ascoltavo le sue canzoni.
Era l’estate del 1969 o 1970, io e Anna, fidanzati, eravamo ospiti di un’amica nella casa di Via Pacuvio: festeggiava il compleanno con il fidanzato mio amico fraterno. A metà serata, la nostra amica, annunciava l’esibizione di Gianni Calone, promessa della canzone napoletana.
L’esibizione di Gianni fu entusiasmante, e tutti applaudirono a lungo. Ero ancora intento a commentare, quando la nostra amica aggiunse: “ora abbiamo una giovane promessa: Rosa di Maggio”.
Le note di “Voce e’ notte” mi lasciarono senza parole. Anna chiese se mi sentissi bene, non risposi …. Era Rosetta!! Un giovane si avvicinò e la baciò. Avrei voluto avvicinarla e presentarmi, ma non ne ebbi il coraggio. Ero già felice per averla vista realizzata e legata sentimentalmente. Erano trascorsi dieci anni e negli occhi rivedevo la bicicletta, il “pianino” e due splendidi occhi azzurri.
Antonio Lanzaro