IL RACCONTO: ENRICUCCIO

“T’aggio ditto che ccà’ nun’ è a’ stà, è venì sulo a durmì” Enricuccio, a completamento delle minacce del patrigno, ricevette uno schiaffo micidiale e riuscì solo a sentire la voce della mamma che dall’interno del basso urlò “Gennà lasso o’ stà”. Immediatamente uscì per strada e di corsa percorse Via Fontanelle e salì per Via Mazzella.

Improvvisamente, il cielo si oscurò e una pioggia battente lo investì. Si riparò sulle scale dell’Istituto De La Salle e sedette sull’ultimo gradino prima dell’ingresso nel grande atrio.

In lacrime pensò al padre morto ucciso quando aveva appena tre anni, alla mamma e al suo malvagio convivente, alla vita per strada, ai piccoli furti, alla solitudine.

Enricuccio aveva dodici anni! All’improvviso, comparve sulla porta un omaccione alto e robusto con una tonaca nera. “Giovanotto” disse, “qui non puoi stare”… “vai a casa”.

Con un filo di voce e con gli occhi bagnati di lacrime e pioggia, Enricuccio mormorò “non ho una casa” e abbassò lo sguardo.

L’uomo lo scrutò pensieroso e aggiunse “hai mangiato?” No! Fu la risposta. A quel punto, l’uomo rientrò e dopo un attimo riuscì. “Vabbè” disse, vieni con me… Lo condusse nella cucina dell’Istituto, lo rifocillò e gli procurò degli abiti asciutti. “E’ tardi” disse, “Stanotte dormi qui”, domani vediamo.

Lo condusse in una camera accogliente con un letto vero e non un giaciglio. Enricuccio dopo aver raccontato gli ultimi avvenimenti, si addormentò sereno, forse per la prima volta nella sua breve vita.

Di buon mattino, l’uomo lo svegliò e dopo una abbondante colazione, lo invitò a fargli strada verso il basso, la sua abitazione. Affiancati ed in silenzio, arrivarono a destinazione. Vistolo, il convivente aguzzino, si avventò su Enricuccio. L’uomo con la tonaca nera, con uno scatto gli bloccò il braccio e glielo girò dietro la schiena. Con voce perentoria gli urlò “se lo tocchi ti mando in galera, lo fece inginocchiare e gli ordinò di chiedere scusa al ragazzo. Il delinquente aguzzino, incredulo sull’accaduto rimase in ginocchio e si scusò! L’uomo con la tonaca afferrò Enricuccio e insieme, con passo rapido rientrarono nell’Istituto.

“Giovanotto, oggi rimani con noi, domani decideremo il da farsi”, “non ti preoccupare” aggiunse. Ancora tremebondo, Enricuccio sottovoce bisbigliò “Grazie Padre”. Con un incredibile sorriso, l’uomo risposte “non chiamarmi Padre, non sono un prete….. chiamami Fratel Nicola!

Era il 21 luglio 1958.

… Era seduto su una poltrona di seconda classe nel rapido per Napoli, Fratel Enrico. Guardò distrattamente l’orologio di Roma Termini che segnava le 7.55 del 20 settembre 1988. Sarebbe arrivato a Napoli intorno alle 10.00. Tornava a Napoli dopo trent’anni. Con gli occhi socchiusi ripercorse quei trent’anni: la licenza media, l’ingresso nel seminario della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la maturità classica, la laurea in Lettere Classiche, l’insegnamento a Catania, a Fano e infine a Roma, la professione dei voti. A lungo incerto e perplesso quando il superiore gli aveva proposto il ritorno a Napoli dopo tanto tempo. Alla fine, aveva accettato!!

Il ricordo dell’infanzia, della mamma che se ne era andata da tempo e così del convivente aguzzino erano indelebili.

Ma nella mente e nel cuore era impressa una data: il 21 luglio del 1958 ed un volto, quello di un uomo, Fratel Nicola che come un angelo lo aveva salvato dalla strada, e, forse chissà da un crudele destino.

Antonio Lanzaro

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