Le visioni oniriche degli spiriti eletti di fine Ottocento. Si è conclusa al Palazzo Reale di Milano la mostra intitolata “Il Simbolismo. Dalla Belle Epoque alla Grande Guerra”; dal 3 febbraio al 5 giugno il museo ha proseguito nel suo ambizioso programma di ripercorrere in arte la storia del XIX e del XX secolo.
La nuova mostra, allestita con oltre 150 opere di nomi di fama mondiale tra cui Klimt, Moreau, Odillon Redon, Von Stuck, Hodler e gli italiani Segantini, Previati, Sartorio, nonché molti altri artisti di fama internazionale provenienti da collezioni private, ha avvicinato i visitatori ad una delle correnti dell’arte più affascinanti e da cui hanno avuto origine gli interrogativi che hanno segnato il ‘900.
L’anima irrequieta dell’Europa del Novecento catalizzata in opere d’arte dai contorni incerti e sfumati, al confine tra sogno e realtà, tra vita e morte; difficile capire le cupe e decadenti atmosfere del Nord Europa di Moreau o di Redon se accostate alle atmosfere luminose e estese dei dipinti naturalistici di Segantini, eppure tutto questo coesiste nel mistero del Simbolismo, che si impone come la nuova coscienza dell’immagine in cui ad emergere, per l’artista, deve essere la spiritualità oltre la superficie delle cose.
Con quest’occasione, nelle sale di Palazzo Reale si è potuto cogliere il disegno dei curatori della mostra: illustrare in che modo il Simbolismo, coinvolgendo le arti figurative, la musica, l’architettura, la letteratura e pescando nella psicoanalisi, abbia contribuito a rinnovare la cultura nazionale, traghettandola nella modernità e, dunque, verso il Futurismo.
Rossella Marchese